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Seminario sulle nuove tecnologie per la lotta alla contraffazione
Molto interessante il seminario sulle nuove tecnologie per la lotta alla contraffazione, tenutosi presso L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi a fine Novembre scorso.
E’ stato posto l’accento su una tematica molto attuale e di grande rilievo per le imprese, in particolare le strategie più idonee nella lotta alla contraffazione, nonché la sensibilizzazione e la consapevolezza dei produttori, delle istituzioni e dei consumatori sulla importanza della garanzia della autenticità del prodotto lungo tutto l’iter della filiera produttiva.
L’ingegnere Maurizio Pellegrini della Fondazione Ugo Bordoni ha presentato due strumenti al servizio delle imprese, realizzati in partnership con il Ministero dello Sviluppo Economico. E’ stata creata una “Vetrina” virtuale a supporto del servizio SOT Servizio Tecnologie Anticontraffazione dell’UIBM al fine di orientare le imprese nella ricerca di valide soluzioni per contrastare il fenomeno della contraffazione. Tale strumento include, infatti, una raccolta informativa suddivisa per categorie, delle tecnologie a disposizione nelle lotta alla contraffazione, delle soluzioni proposte e dei settori di applicazione. Inoltre, vengono offerti un servizio in continuo di aggiornamento online, il monitoraggio e il supporto nelle procedure di informazione sulla contraffazione. L’impresa potrà, in tale modo, orientarsi nel mondo delle tecnologie anticontraffazione e individuare più facilmente il mezzo più idoneo a soddisfare le proprie esigenze di tutela e intervento.
Un altro servizio sviluppato e offerto dalla Fondazione Ugo Bordoni in collaborazione con Ministero dello Sviluppo Economico è il Ri.Si.Co. ossia il servizio di RICERCA SITI CONTRAFFATTORI. Si tratta di un progetto pilota che è stato al momento testato su un campione di imprese, in particolare nel settore calzaturiero. Il progetto è aperto, tuttavia, a tutte le imprese che desiderino parteciparvi. Per conto delle imprese inserite nel programma di ricerca, Ri.Si.Co. esamina e individua su Yahoo, Google e Bing i siti di commercio elettronico potenzialmente contraffattori con l’ausilio di 50-60 indicatori che vengono in via automatizzata esaminati dal sistema e incrociati al fine di determinare se il sito ha ad oggetto prodotti contraffatti. A tale lavoro di analisi si affianca la redazione di un report per l’impresa, la quale potrà così avere a disposizione un quadro completo delle risultanze ottenute al fine di valutare quali strategie anticontraffazione è opportuno mettere in atto.
Sempre in tema di Tecnologie e Metodologie al servizio della lotta alla contraffazione, l’Ingegnere Enrico Colaiacovo dell’Istituto Poligrafico Zecca dello Stato S.p.a. ha illustrato le risultanze del report pubblicato sul World Economic Forum dal titolo “Building Block(chain)s for a Better Planet”. In particolare, un tema interessante è stato quello dei Digital Ledgers (DLT), veri e propri registri di tracciabilità del prodotto nella filiera produttiva, la cui copia è posseduta da tutti gli attori della catena produttiva. Come è noto, il modello decisionale della catena Blockchain è decentrato, ciò rende le informazioni inserite nella catena collettive e per tale ragione immutabili: infatti la decisione di un singolo individuo di modifica della informazione ha effetto soltanto se è validata dalla maggioranza dei soggetti appartenenti alla catena. In tal senso si parla di stabilizzazione dell’informazione digitale. La Blockchain risulta essere, tuttavia, tecnologia adeguata esclusivamente al fine di trattare dati nativi digitali, come ad esempio le transazioni. Il limite di questa tecnologia è rappresentato, infatti, dalla impossibilità di memorizzare le informazioni e i dati complessi nella catena e costituire così una vera e propria banca dati. Tuttavia sembrerebbe ipotizzabile costituire una banca dati esterna e inserire un collegamento con la stessa nella Blockchain, che, come detto, può contenere soltanto micro informazioni, come ad esempio i codici Hash, ossia estratti univoci di file. Dal punto di vista tecnico, un sistema di matching di Hash potrebbe essere inserito nella Blockchain per essere validato. La Blockchain sembrerebbe, dunque, essere soluzione tecnica potenzialmente idonea a risolvere i problemi della contraffazione, anche se vi sono ancora aree inesplorate e non verificate.
A tal proposito, molto interessante è stato anche l’intervento dell’Ingegnere Thomas Rossi vincitore, insieme al proprio gruppo di lavoro, del “Blockathon” contest organizzato dall’EUIPO per la raccolta delle migliori idee innovative per la tutela della proprietà intellettuale, mediante l’uso di Blockchain. Come suggerito dall’Ing. Rossi, la tecnologia Blockchain potrebbe essere impiegata laddove fosse creata una copia digitale virtuale del prodotto fisico , ossia un vero e proprio “virtual twin”. Tale elemento non sarebbe riproducibile, né modificabile una volta inserito nella Blockchain. Idealmente, quale ausilio efficace nella lotta alla contraffazione, chi acquista o vende un prodotto dovrebbe accettare la transazione soltanto se all’oggetto tangibile può essere associato il gemello virtuale del prodotto, circostanza che attesterebbe la autenticità del prodotto e renderebbe la contraffazione non realizzabile. A livello operativo, poi, si potrebbe collegare una assicurazione o attivare i servizi di manutenzione relativi ad un prodotto soltanto a condizione che l’acquirente possa mostrare il virtual twin del prodotto e laddove non fosse in grado di produrlo si potrebbe evincere che trattasi di prodotto contraffatto con la conseguenza di non poter accedere a tali servizi aggiuntivi. Inoltre, il gemello virtuale, potrebbe essere associato ai prodotti la cui produzione è effettivamente autorizzata dal titolare del brand. Ciò servirebbe a monitorare e contrastare il fenomeno della sovraproduzione di prodotti non autorizzati da parte dei contoterzisti, perché ad essi non potrebbe essere associato un virtual twin rilasciato soltanto dall’impresa titolare. Infine, gli operatori logistici e gli operatori doganali, potrebbero controllare se il prodotto è autentico (verificando la presenza del gemello virtuale) prima di accettare il prodotto fisico e laddove rilevassero anomalie dovrebbero creare un profilo di rischio. I profili di rischio sarebbero creati, quindi, da tutte le dogane in condivisione sulla Blockchain, che come menzionato, contiene dati non più modificabili. La tecnologia Blockchain potrebbe essere applicata anche per rilevare inefficienze nella filiera produttiva. Sarebbe ipotizzabile, infatti, individuare, attraverso la creazione in Blockchain di un database pubblico non modificabile, i vari operatori che agiscono nella filiera produttiva e identificare se ed in quale momento della filiera produttiva si realizzano illeciti sul prodotto fisico e creare così un indice di reputazione. In ogni passaggio della filiera verrebbe, infatti, creata una copia virtuale del prodotto e se in determinato passaggio essa non corrispondesse al prodotto fisico, tale alternazione sarebbe riportata sulla Blockchain e immediatamente condivisa. Ad esempio se determinati spedizionieri fossero segnalati sulla Blockchain come attori della catena di distribuzione che mostrano comportamenti anomali, sarebbe creato un indice di reputazione basso e ciò sarebbe utile per capire dove indirizzare gli interventi e porre in essere una sistema di controllo targettizzato ed efficace.
Come abbiamo avuto modo di chairire, dunque, il continuo evolversi del mercato e della tecnologia accresce e paventa la presenza di nuovi rischi per le aziende. E’ anche vero, però, che si sta alacremente lavorando per trovare rimedi altrettanto efficaci di lotta, contrasto e prevenzione dei fenomeni contraffattivi e le imprese potrebbero avere ben presto a disposizione nuove e verificate tecnologie e avanzati strumenti di ricerca e tutela dei propri prodotti e brand.